
Raccontarsi in poche parole è difficile e senza far ricorso a definizioni – nelle quali mi trovo un po’ stretta – lo è ancora di più.
Fino a un certo punto è stato tutto semplice, tutto lineare: sono nata a Saronno, dove la brezza che lambiva la Lazzaroni portava nel giardino di casa il profumo degli amaretti. Non appena potevano, i miei genitori mi portavano alla scoperta di chicche artigianali e gastronomiche nel cuore dell’Italia.
Il ricordo che ho degli anni dell’infanzia è olfattivo: è il profumo del cuoio nelle botteghe toscane, è la potenza balsamica dell’elicriso aggrappato alle coste elbane.
Poi tra le cose “regolari” – un diploma al liceo scientifico sperimentale e una laurea in Economia aziendale – succede che una mattina di un settembre decido di trasferirmi in Valle d’Aosta. Alla cieca. O quasi.
Sono successe tantissime cose, tra esperienze lavorative, personali e sportive, che mi sembra di aver vissuto circa cinque o sei vite diverse.
Dopo anni in cui ho faticato a rispondere a chi mi chiedeva “Ma tu di cosa ti occupi?”, da qualche tempo mi sono compresa per davvero: ho imparato ad accettare che non esiste per forza e per tutti una risposta univoca a questa domanda.
Arrivare a questa consapevolezza è stato un viaggio non privo di dubbi e riflessioni, un percorso lungo e profondo durante il quale sono andata cercando una definizione ma senza mai trovarne una.
Poliedrica, multipotenziale, rinascimentale, eclettica e chissà che altro, in realtà sono tutti modi per esprimere lo stesso concetto e cioè che non esiste una sola strada per manifestare la propria autenticità.